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News condominio

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Notizie utili per l'Amministratore di Condominio

riscossione oneri condominiali

Il ruolo dell'amministratore nei confronti dei conduttori

La riscossione degli oneri condominiali. Divisione delle spese


L’amministratore dell’edificio condominiale è il mandatario dei condomini ed è quindi chiamato a rispondere del proprio operato solo a loro e non anche agli inquilini.
E’ assolutamente opportuno infatti evidenziare che il rapporto di locazione, essendo un rapporto obbligatorio, vincola solo le parti (art. 1372 c.c.) e non i terzi come l’amministratore, che è del tutto estraneo ai rapporti fra locatore e conduttore.
Ciò significa che egli ha l’obbligo di richiedere ai condomini il pagamento delle spese anche nel caso in cui l’unità immobiliare sia stata concessa in locazione. Non spetta infatti all’amministratore provvedere a ripartire le spese tra condomino e inquilino, salvo che simile incarico gli sia stato affidato dal proprietario del bene. In tal caso l’incarico di ripartizione è tuttavia svincolato dal mandato ad amministrare e non vi è contenuto, con la conseguenza che l’amministratore può richiedere un compenso ulteriore per tale attività. E’ però pacifico che anche in tale caso, qualora l’inquilino non provveda al tempestivo versamento delle quote di spesa previste a suo carico dalla legge o dal contratto, è il condomino-locatore che deve intervenire per evitare di risultare moroso nei confronti del condominio.
E’ corretto ritenere che l’amministratore sia tenuto alla richiesta degli oneri direttamente al conduttore, ove ci sia un accordo con il locatore? Può ritenersi che tale accordo sia desumibile da una prassi seguita per un certo periodo?
“Non si possono ravvisare vincoli negoziali nella mera prassi o consuetudine dell’amministratore di condominio che si rivolge in via prioritaria ai conduttori (e non ai condomini locatori) per il pagamento degli oneri condominiali” (Cass.13-9-2006 n.19650).
Non a caso la Cassazione, in varie precedenti pronunce, è concorde nel ritenere che “la legge n. 392/1978 (cosiddetta dell’equo canone) disciplina i rapporti tra locatore e conduttore, senza innovare in ordine alla normativa generale sul condominio degli edifici, sicché l’amministratore ha diritto -ai sensi del combinato disposto degli artt. 1123 c.c. e 63 disp. att. stesso codice - di riscuotere i contributi e le spese per la manutenzione delle cose comuni e i servizi nell’interesse comune direttamente ed esclusivamente da ciascun condomino, restando esclusa un’azione diretta nei confronti dei conduttori delle singole unità immobiliari (contro i quali può invece agire in risoluzione il locatore ex art. 5 della citata legge n. 392/1978 per il mancato rimborso degli oneri accessori), anche con riguardo alle spese del servizio comune di riscaldamento ancorché questi ultimi abbiano diritto di voto, in luogo del condomino locatore, nelle delibere assembleari riguardanti la relativa gestione“ (Cass., 12 gennaio 1994, n. 246; Cass 3 febbraio 1994, n. 1104; Cass, 28 ottobre 1993, n. 10719; Cass.14 luglio 1988, n. 4606.)
Infatti, l’art. 10 della detta legge dell’equo canone - che, ribadendo sostanzialmente la disciplina già introdotta dall’art. 6 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, prevede con norma eccezionale, un’ipotesi di sostituzione legale del conduttore al proprietario nelle assemblee dei condomini convocate per deliberare sulle spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria- non ha comportato modificazioni al disposto dell’art. 66 disp. att. c.c., che disciplina la comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea dei condomini, con la conseguenza che tale avviso deve essere comunicato al proprietario e non anche al conduttore dell’appartamento, restando solo lo stesso proprietario tenuto a informare il conduttore dell’avviso di convocazione ricevuto dall’amministratore, senza che le conseguenze della mancata convocazione del conduttore possano farsi ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto di locazione (Cass., 22 aprile 1992, n. 4802; Cass., 3 ottobre 2005, n. 19308).
Ne deriva che l’amministratore non ha alcun obbligo di eseguire farraginose ripartizioni delle varie spese di condominio tra proprietario e inquilino - cercando eventualmente la soluzione ai propri dilemmi nelle tabelle di riparto approvate di volta in volta dalle associazioni di categoria - restando un onere delle parti del contratto di locazione conferirgli specifico mandato per la ripartizione e riscossione dei contributi condominiali in base agli accordi raggiunti tra le parti.
E’, dunque, al proprietario che l’amministratore dovrà sempre rivolgersi per le richieste di pagamento, anche per il servizio di riscaldamento o di condizionamento, in quanto l’eventuale voto espresso nell’assemblea dall’inquilino deve intendersi sempre e soltanto in sostituzione del proprietario, al quale spetta il relativo diritto per legge.
Del resto un eventuale accordo per la richiesta e riscossione degli oneri condominiali direttamente nei confronti del conduttore presenta notevoli difficoltà.
In primo luogo, il meccanismo previsto dall’art.9 L.392/78 verrebbe stravolto, poiché sarebbe l’amministratore (soggetto estraneo) a chiedere il pagamento degli oneri, verosimilmente senza dover rispettare i tempi di cui all’art.9 L.392/78.
In secondo luogo eventuali accordi dovrebbero essere trilateri, ossia la pattuizione per la riscossione diretta dovrebbe essere conclusa fra l’amministratore, il locatore e il conduttore e dovrebbe anche prevedere il superamento delle prescrizioni dell’art.9.
Tuttavia tale accordo di obbligazione lascerebbe forti perplessità in ordine alla successione di uno o più soggetti dell’accordo, in particolare l’amministratore. Non essendo l’amministratore tenuto a tale riscossione diretta per legge o per regolamento, un eventuale accordo potrebbe vincolare solo l’amministratore che lo sottoscrive e non il suo successore.

LA PARTECIPAZIONE DEL CONDUTTORE ALL’ASSEMBLEA
(art. 10 L. 392/78)
Stabilisce la disposizione dell’art. 10 L. 392/78:
1)         Il conduttore ha diritto di voto, in luogo del proprietario dell’appartamento locatogli, nelle delibere dell’assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria.
2)         Egli ha inoltre diritto di intervenire, senza diritto di voto, sulle delibere relative alla modificazione degli altri servizi comuni.
3)         (…) La disciplina di cui al primo comma  si applica anche qualora si tratti di edificio non in condominio.
4)         (…) In tale ipotesi i conduttori si riuniscono in apposita assemblea convocati dal proprietario dell’edificio o da almeno tre conduttori
5)         Si osservano in quanto applicabili le disposizioni del codice civile sull’assemblea dei condòmini.
La partecipazione del conduttore alle assemblee che abbiano ad oggetto le spese di riscaldamento ovvero la modificazione dei servizi comuni è legittimata solo per quelle delibere sui servizi comuni che importino una spesa o un aggravio di spesa che ricada sul conduttore.
Si tratta quindi di un’ipotesi di assemblea “allargata” ai conduttori che deliberano in luogo dei rispettivi locatori.
Si tratta di una ipotesi di sostituzione legale del conduttore al locatore ispirata dal principio che, per ciò che attiene al servizio di riscaldamento, il conduttore è maggiormente interessato.
Ma l’art.10 L.392/78  non ha inteso modificare la disciplina del codice in tema di assemblea.
“Il diritto d’intervenire, senza diritto di voto, del conduttore alle assemblee di condominio deve essere coordinato con l’interesse del medesimo a non sopportare aggravi di spese. Lo stesso, pertanto, non può che riferirsi alle sole modificazioni dei servizi comuni che importino una spesa o un aggravio di spesa che, in definitiva, andrà a gravare sul conduttore. Non sussiste, quindi, il diritto del conduttore a partecipare a assemblee con diverso oggetto, oppure su deliberazioni su servizi comuni, ma senza riflessi sull’onere delle spese. (Nella specie: disciplina del parcheggio negli spazi condominiali)”.
(Cass. 3-10-2005 n. 19308).
La Cassazione ha puntualizzato che “quella prevista dall’articolo 10 della legge 27 luglio 1978, n. 392 è un’assemblea condominiale allargata alla partecipazione, per determinate materie (spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento dell’aria), dei conduttori, i quali, su queste, deliberano in luogo dei condomini. Si tratta di un’ipotesi di sostituzione legale del conduttore al locatore, ispirata dal principio che, poiché le spese di riscaldamento gravano su di lui (articolo 9 della legge 392/78), il conduttore è maggiormente interessato alle relative deliberazioni. Ne consegue che le sopra indicate disposizioni si riferiscono solo ai rapporti tra locatore e conduttore, mentre il condominio, essendo privo di un’azione diretta nei confronti del conduttore tant’è che l’articolo 5 della legge stessa prevede la risoluzione del contratto di locazione, a favore del solo locatore, se il conduttore non gli rifonde gli oneri accessori a suo carico può rivolgersi solo ai condomini per il rimborso delle spese condominiali” (Cass. 13-1-2008 n. 384).
La natura del potere di intervento del conduttore risponde ad esigenze di controllo della spesa di riscaldamento, ma anche e soprattutto alle modalità di erogazione del servizio.
Vanno quindi escluse dalla partecipazione del conduttore tutte le delibere che attengano ad innovazioni relative al servizio di riscaldamento, come quelle sulla contabilizzazione o sulla trasformazione, mentre vi rientrano quelle relative alla gestione e manutenzione dell’impianto.
(In un caso particolare la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’installazione del servizio di riscaldamento, che in relazione alla fattispecie concreta non risulti una innovazione gravosa o voluttuaria, e che sia approvata nel rispetto di tutte le prescrizioni di legge, vincoli sia il locatore che il conduttore).
Il locatore, in forza del vincolo di cui all’art.1137 c.c., è tenuto a sostenere pro quota le spese di installazione, mentre il conduttore non può sottrarsi, per il disposto dell’art.1582 c.c., alle spese di esercizio dell’impianto dal momento dell’installazione. Occorre tenere infatti conto che tale onere è l’applicazione dell’art.9 L.392/78, in presenza di un miglioramento delle condizioni di utilizzabilità del bene.
Rimane peraltro pacifico, ed è appena il caso di rilevarlo, che il conduttore può essere delegato dal locatore-condòmino a partecipare all’assemblea, ancorché non si rientri nelle fattispecie di cui all’art.10 L.392/78.
In tale caso tuttavia, il conduttore non parteciperebbe all’assemblea in tale veste, ma in qualità di delegato, con riferimento quindi ad un rapporto di rappresentanza con il condòmino-locatore che è del tutto indipendente ed autonomo rispetto al rapporto contrattuale della locazione.
Ove poi il conduttore, pure convocato, non si presenti all’assemblea potrà sempre parteciparvi il locatore (Cass.22-4-1995 n.4588).

Videosorveglianza e conduttori
E’ degno di esame anche il caso di cui all’art.1122-ter c.c., sulla installazione di sistemi videosorveglianza in condominio.
Come è noto si tratta di una innovazione, in forza del richiamo alla maggioranza di cui all’art.1136 co.2 che è la stessa delle innovazioni speciali dell’art.1120 co.2 c.c.
Se è vero che la decisione di installare tali sistemi compete unicamente all’assemblea dei condòmini è anche vero che il sistema di videosorveglianza potrebbe andare ad incidere sul diritto alla riservatezza dei conduttori presenti nel condominio, la cui esclusione potrebbe rappresentare un inconveniente.
Ora, l’installazione del sistema di videosorveglianza non può prescindere dal rispetto delle norme formulate dal Garante della privacy stabilite nel 2004 e ancor più nel 2010
E in particolare deve rispettare i principi espressi dal Garante, in particolare l’adozione di cautele a tutela dei terzi (cartelli, tempi minimi di conservazione delle riprese, individuazione del personale che può visionare le immagini e limitazione degli angoli visuali di ripresa)

La convocazione del conduttore in assemblea - Onere di informazione
Nelle particolari ipotesi di cui all’art.10 l.392/1978 ci si chiede allora chi debba procedere alla convocazione del conduttore, se spetti all’amministratore ovvero al proprietario locatore.
Il quesito è importante perché genera, alla luce delle nuove norme oggi in vigore una serie di dubbi e interrogativi che dividono la dottrina, in mancanza di orientamenti giurisprudenziali consolidati.
E’ però un dato oggettivo che le novità normative unitamente ad una sciatteria legislativa ormai nota aprono la via per nuove possibili interpretazioni evolutive.
Resta pur sempre inadeguato, come detto in apertura, il quadro normativo attuale.

OPINIONE TRADIZIONALE
Abbiamo sopra espresso l’orientamento consolidato della giurisprudenza in tema di partecipazione secondaria e limitata del conduttore all’assemblea.
L’art.10 non ha inteso cambiare le norme codicistiche sul funzionamento dell’assemblea. In funzione della natura obbligatoria del rapporto di locazione cui l’amministratore è estraneo e terzo, la risposta tradizionale è che la convocazione del conduttore spetta al locatore e non all’amministratore.
Questi, ricevuta ritualmente la convocazione da parte dell’amministratore sarà tenuto ad avvisare il proprio conduttore della presenza, nell’ordine del giorno, di argomenti di interesse del conduttore ex art.10 L.392/78.
L’amministratore dovrà quindi comunicare la convocazione secondo le regole ordinarie  al locatore.
Non anche al conduttore dell’appartamento (Cass.3-8-1995 n.8484).
L’u.c. dell’art.10, stabilendo che si osservano “in quanto applicabili” le norme sull’assemblea, ha distinto nettamente dalla vita condominiale la figura del conduttore. Le conseguenze della mancata comunicazione della convocazione al conduttore non potranno certamente ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto locativo (App. Genova 4-5-1996).
Il conduttore pretermesso potrà invece contestare la spesa al locatore opponendogli tutte le ragioni che avrebbe potuto validamente dedurre in assemblea se solo ne avesse avuto l’opportunità.
Certamente l’obbligo del rimborso degli oneri in capo al conduttore non viene meno per il solo fatto della violazione dell’onere informativo da parte del locatore (Cass.18-4-1985 n.2575).
Ne deriva che:
a)         la conseguenza dell’omessa convocazione non incide mai sulla validità dell’assemblea e delle relative delibere, ma si riflette solo sul rapporto locatore-conduttore;
b)         Il conduttore pertanto non può impugnare la delibera per omessa convocazione;
c)         Le delibere assunte non esplicano efficacia diretta sul conduttore ma solo sul locatore;
d)        Il conduttore quindi non è legittimato ad impugnare la delibera nel merito;
e)         Non è necessario comunicare le delibere al conduttore.

OPINIONE “INNOVATIVA” CONTRARIA
La posizione contraria muove da un primo dato testuale.
1)         L’u.c. dell’art.10 richiama “in quanto applicabili” le disposizioni del codice civile sull’assemblea.
E inoltre:
2)         non è logico dare al conduttore il diritto di intervento e di voto, ma negargli la legittimazione ad impugnare, nel merito o anche in caso di mancata convocazione;
3)         E’ altrettanto illogico porre a carico del conduttore le conseguenze dell’onere informativo del locatore che, ricevuto l’avviso tempestivamente, lo comunica al conduttore senza rispettare il termine (alcune pronunce ritengono che il locatore non sia vincolato al rispetto del termine dei cinque giorni).
4)         L’espressione “in luogo del locatore” andrebbe intesa come subentro del conduttore, per i casi indicati dall’art.10, in tutti i diritti del locatore nei confronti del condominio, quindi convocazione nei termini, diritto di partecipazione, di ricezione del verbale e impugnazione della delibera.
Tale tesi quindi si ritiene avvalorata dalla nuova previsione dell’art. 1130 n. 6 c.c. che prevede di indicare nel registro anagrafico anche i nomi dei conduttori.
Ed anche l’espressione “aventi diritto”  contenuta negli artt. 1136 e 66 d.a.c.c. vorrebbe sostenere l’opinione che vuole la convocazione del conduttore.

E allora, per converso rispetto alla tesi tradizionale:
a)         Il conduttore avrebbe diritto alla convocazione, il cui difetto si riflette sulla validità dell’assemblea;
b)         Il conduttore  avrebbe legittimazione ad impugnare le delibere per mancata convocazione o anche per contrarietà alla legge o al regolamento e chiederne l’annullamento;
c)         Le delibere sarebbero quindi perfettamente efficaci nei confronti del conduttore;
d)        In caso di omessa impugnazione il conduttore non potrebbe sottrarsi all’obbligo del rimborso al locatore delle spese deliberate.
Ne deriverebbe ancora che in tal caso il condominio avrebbe addirittura un’azione diretta per il recupero degli oneri condominiali del riscaldamento nei confronti del conduttore.

CRITICA ALLA TESI INNOVATIVA
La tesi innovativa non convince.
In primo luogo è dubbia l’applicazione del comma 5 dell’art.10 (“si osservano in quanto applicabili le norme sull’assemblea di condominio”) poiché sembra invece riferita nel corpo della disposizione proprio all’assemblea dei conduttori di cui ai commi 3-4 e non alla sostituzione legale del locatore prevista nel comma 1.
Si pongono poi ostacoli concettuali alla costruzione innovativa quali quelli attinenti la terzietà dell’amministratore al rapporto locativo, che ex art.1373 c.c. vincola le parti e non anche i terzi. Inoltre l’amministratore è mandatario dei condòmini e amministra la proprietà, non potendosi quindi estendere le sue attribuzioni alla gestione dei conduttori.
Nel progetto di riforma della disciplina condominiale l’art. 67 d.a.c.c. prevedeva che: l’usufruttuario, nonché, salvo patto contrario, il conduttore di un’unità immobiliare, esercita il diritto di voto nelle deliberazioni che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni ed è obbligato in via principale nei confronti del condominio a concorrere nelle spese relative.
Si voleva estendere al conduttore il diritto di voto in tutte le decisioni in materia di ordinaria amministrazione (al pari dell’usufruttuario) e anche attribuirgli una legittimazione passiva diretta ed immediata onde consentire il recupero delle spese ordinarie direttamente nei suoi confronti.
Fortunatamente questa previsione è stata eliminata.
Ciò dovrebbe confermare che la volontà del legislatore non è quella di allargare la disciplina condominiale al conduttore, prevedendone la convocazione in assemblea e la legittimazione ad impugnare, ma al contrario quella di privilegiare nel condominio un assetto gestorio che abbia riguardo ai diritti reali e non ai diritti di godimento.
Quanto alle norme di cui all’art. 1129 co. 2, art. 1130 n. 9 e 1130 bis, le previsioni circa il diritto di consultare registri e documenti anche in capo ai conduttori non devono fuorviare, poiché devono intendersi quali consultazioni finalizzate al chiarimento delle vicende del bene in locazione, in particolare gli oneri accessori.
Anche l’indicazione dei dati del conduttore nel registro anagrafico previsto  dall’art. 1130 n. 6) non può essere intesa come attribuzione di un ulteriore diritto al conduttore, ma al contrario deve intendersi quale sicurezza della proprietà, e per essa dell’amministratore, in ordine alla fruizione dei beni comuni da parte di soggetti non proprietari.
Non a caso dette norme sono poste fra le attribuzioni dell’amministratore quali aspetti della gestione affidatagli dai proprietari.
Analoga rilevanza deve darsi all’art. 71-ter d.a.c.c. che attribuisce simile diritto di consultazione del sito internet  agli “aventi diritto”.
Fra le disposizioni di attuazione l’art. 71-ter d.a.c.c. assicura infatti la consultazione del sito internet agli “aventi diritto”. L’espressione è utilizzata dal legislatore per indicare coloro che hanno diritto alla consultazione (compresi i conduttori). Ma anche questo argomento non è decisivo ai fini della convocazione dei conduttori.
Questa espressione anzi va a maggior ragione intesa in senso atecnico come eterogenea indicazione di coloro che in qualche modo possono essere accomunati dall’interesse a consultare i documenti: ma non per questo possono essere indicati quali soggetti passivi dell’obbligo di convocazione.
Ove poi si volesse attribuire una qualche concorrente e diretta responsabilità del conduttore per il pagamento degli oneri condominiali, oltre agli ostacoli concettuali sopra evidenziati circa il meccanismo del “rimborso” di cui alla legge (artt. 5 e 9 L. 392/78), dovrebbe prevedersi una possibile applicazione dell’art. 63 d.a.c.c. in ordine ai creditori del condominio, i quali potrebbero richiedere a questo punto che l’amministratore comunichi i dati dei morosi anche fra i conduttori (in materia di spese di riscaldamento)

Gli “aventi diritto” alla convocazione
Con espressione brutta e pericolosa la legge parla di convocazione degli “aventi diritto”.
La ripete nell’art. 66 d.a.c.c. in tema di regolarità della convocazione (co. 3) e di “calendarizzazione” (co. 5) e inoltre nell’art.1136 co.5 sempre sulla convocazione.
L’espressione è utilizzata dal legislatore sempre e solo nei casi in cui parla di diritto alla convocazione, da non confondere con il diritto a partecipare all’assemblea.
Il concetto di “avente diritto” (art.66 d.a.c.c.) è riferito al diritto a ricevere la convocazione dall’amministratore e non al diritto alla partecipazione in assemblea. Ce lo dice la collocazione sistematica dell’espressione, posta appunto nelle norme sulla convocazione.
Altri dati confortano questa interpretazione.
–          Nell’art. 66 d.a.c.c. sono i condòmini a richiedere l’assemblea.
–          L’art. 67 d.a.c.c. dice che ogni condòmino può intervenire in assemblea.
–          Nell’art. 1136 si parla diffusamente di condòmini; e comunque l’assemblea riguarda i diritti della proprietà e non le posizioni dei diritti personali di godimento.
–          E poi a voler inserire fra gli aventi diritto alla convocazione anche il conduttore ci si scontra con la preclusione (inderogabile) indirettamente contenuta nell’art. 1137 co. 2 che riserva a ciascun condòmino la legittimazione ad impugnare: il conduttore pretermesso nella convocazione non ha diritto di impugnativa.
–          Infine gli oneri condominiali vengono riscossi ex art. 63 d.a.c.c. direttamente nei confronti del condòmino e non del conduttore. D’altronde basta osservare che il meccanismo previsto dagli artt. 5 e 9 L. 392/78 prevede il pagamento diretto del condòmino e il rimborso da parte del conduttore; si conserva quindi il principio che gli oneri accessori della locazione fanno parte unicamente del rapporto sinallagmatico, con la conseguenza che il mancato pagamento da parte del conduttore non abilita l’amministratore ad agire direttamente verso quest’ultimo.
–          Le norme sul condominio sono poste fra quelle riguardanti i diritti reali, la proprietà o altri diritti minori, e non i diritti personali (o di credito) come la locazione.
–          Dunque il diritto del conduttore a partecipare all’assemblea nei casi dell’art. 10 L. 392/78 non può tradursi in diritto ad essere convocato e  non può rientrare nel concetto di “avente diritto” (alla convocazione) che per ben due volte viene ripetuto nell’art. 66 dacc.
E allora chi sono gli aventi diritto? L’espressione approssimativa usata dal legislatore indica i proprietari (singoli condòmini, comproprietari, nudi proprietari) e gli altri titolari diritti reali minori quali l’usufruttario (anche ex art. 324 c.c.), il titolare di diritto di uso e di abitazione. Solo questi soggetti, che rimangono individuati nell’ambito dei diritti reali e non dei diritti personali, hanno diritto alla convocazione.
Peraltro nelle votazioni relative alle materie previste nell’art. 10 L. 392/78 potrà essere buona norma inviare una copia della convocazione anche al conduttore, ancorchè, sia ben chiaro, l’onere di informazione gravi sul proprietario locatore.

L’impugnazione della delibera
A questo punto, stante il disposto legislativo che attribuisce ai conduttori il diritto di partecipare all’assemblea in luogo del locatore, ci si chiede se il conduttore in questa particolare ipotesi acquisti il ruolo del condòmino anche sotto il profilo della legittimazione ad impugnare.
Per la verità la posizione della dottrina e della giurisprudenza ha esaminato molti aspetti di questo interrogativo, ma pochissime isolate pronunce si sono spinte a concepire una legittimazione del conduttore ad impugnare la delibera condominiale.
In particolare si è ritenuto che la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 10 consenta di applicare non solo l’art. 1136 c.c., ma anche l’art. 1137 c.c., consentendo quindi al conduttore solo in tale caso specifico di impugnare la delibera.
La posizione massiccia della giurisprudenza, tuttavia, è nel senso di ritenere che la sostituzione del conduttore al locatore sia eccezionale e limitata e che, soprattutto non possa andare al di là della partecipazione e votazione in assemblea, spettando invece al locatore la tutela dei propri diritti (e, mediatamente, di quelli del conduttore).
“L’art. 10 legge 27 luglio 1978 n. 392 il quale attribuisce al conduttore il diritto di votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto l’approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente con il rinvio alle disposizioni del codice civile concernenti l’assemblea dei condomini, il diritto dell’inquilino di impugnare le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria. Al di fuori delle situazioni richiamate, la norma in esame non attribuisce all’inquilino il potere generale di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell’assemblea condominiale di nomina dell’amministratore e di approvazione del regolamento di condominio e del bilancio preventivo” (Cass. 8755/1993).   
Analogamente Cass. 23 gennaio 2012 n. 869 stabilisce che il potere di impugnare le deliberazioni condominiali compete, per il disposto dell’art. 1137 c.c., ai titolari di diritti reali sulle singole unità immobiliari anche in caso di locazione dell’immobile, salvo che nella particolare materia dei servizi di riscaldamento e condizionamento d’aria, per la quale la decisione e, conseguentemente, la facoltà di ricorrere al giudice sono attribuite ai conduttori.
Ma niente di più.

DOMANDE

In caso di pluralità di appartamenti appartenenti ad un solo condòmino, ma locati ciascuno a un diverso conduttore, come dovrebbe intendersi la votazione diversificata per teste e millesimi?
Nel caso votasse il proprietario conterebbe per una sola testa e per la somma dei millesimi. Nel caso votassero i conduttori (tutti presenti e concordi) sarebbe lo stesso: una testa e somma dei millesimi.
Ma se i conduttori tutti presenti votano in modo diversificato? Una testa sola e millesimi separati?  E in che modo? E se fra i conduttori, sono alcuni presenti e altri assenti? In tale ultimo caso non c’è soluzione.  Non è ammissibile pensare al sorteggio da parte del Presidente (non più previsto nel c.c.).
Forse potrebbe applicarsi, con intuibili difficoltà pratiche, la norma del comma 4 dell’art. 10, in analogia con quanto previsto dall’art. 67 d.a.c.c. per i comproprietari.

Se nel regolamento si dice espressamente che l’obbligo di avvisare i conduttori incombe ai proprietari, ove si volesse ritenere il diritto del conduttore alla convocazione, tale disposizione del regolamento prevarrebbe sulla norma di legge? No, l’art. 66 è inderogabile. Si avrebbe semmai una nullità sopravenuta della disposizione regolamentare sulla base della nuova interpretazione.
Ove si dovessero convocare anche gli inquilini in aggiunta ai condòmini il compenso dell’amministratore aumenterebbe? L’eventuale aumento andrebbe chiesto e accordato in assemblea, dovendosi in caso contrario ritenere assorbito nella retribuzione omnicomprensiva.


Avv. Carlo Patti © Riproduzione riservata
Carlo Patti, Consulente Legale ANACI Roma

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