Normativa condominio
La Normativa e il Condominio
Morosità condominiali e distacco da servizi ed utenze
Al problema costante, rappresentato dalla morosità nel pagamento delle spese condominiali, di norma si pone rimedio ricorrendo al Giudice per ottenere una ingiunzione di pagamento (tema trattato in Dossier Condominio, 2016, n. 155). L'obiettivo, tuttavia, potrebbe essere raggiunto anche tramite la
La via alternativa, indicata dall’art. 63 delle disposizioni attuative del codice civile, potrebbe rappresentare un deterrente ancora più immediato, nei confronti dei condomini inadempienti rispetto, agli effetti prodotti da un decreto ingiuntivo.
La morosità condominiale interessa due piani che, inevitabilmente, si sovrappongono o, quanto meno, si incrociano.
Il primo, meramente interno al condominio, è costituito dal mancato pagamento dei contributi, approvati e ripartiti in sede assembleare. Il secondo, che contrappone il condominio agli enti erogatori di servizi (luce, gas, acqua), prende corpo quando l’ente non paga le bollette di cui è destinatario, allorché lo stesso sia unico intestatario delle forniture.
Le due situazioni, pertanto, vanno tenute nettamente distinte quanto a disciplina ed effetti.
Morosità del singolo condomino ed autotutela del condominio
Nelle maglie del art. 63 disp. att. c.c., norma fondamentale che disciplina la riscossione delle spese comuni, il comma 3 stabilisce che “in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato”.
Letta così la norma sembra di semplice applicazione, mentre in realtà non lo è, visto che da un suo esame più approfondito emergono questioni rilevanti, sia di carattere sostanziale che procedurale.
In via preliminare va detto che, con la riforma del 2012, il legislatore ha modificato la precedente versione eliminando quella parte della norma che poneva un limite di azione non indifferente: ovvero la necessità, per applicare tale misura, di espressa autorizzazione del regolamento di condominio. Attualmente, invece, ampia libertà di scelta è riservata all’amministratore il quale, in difetto di espressa previsione legislativa, sembra non essere tenuto neppure a chiedere il consenso all’assemblea.
Viene subito da evidenziare che la formulazione della disposizione legislativa pone un problema di applicabilità in considerazione della sua estrema genericità, facendo essa riferimento al mancato pagamento di non meglio identificati contributi e consentendo, quindi, di ricorrere alla sanzione punitiva indipendentemente dalla natura e dall’oggetto dell’inadempimento. La sospensione dai servizi potrebbe avvenire, infatti, anche se il condomino fosse debitore non di spese relative, ad esempio, alle forniture idriche, elettriche o di gas per il riscaldamento, ma di oneri di natura ordinaria o straordinaria. Tutto ciò malgrado nelle ripartizioni dei bilanci condominiali tutte le voci abbiano delle precise collocazioni.
Una interpretazione strettamente letterale della norma pone,quindi, alcuni dubbi in merito.
Per quanto si possa credere che mettere in atto questa barriera contro la morosità non sia pratica molto diffusa, tuttavia dalla giurisprudenza esistente emerge il contrario, segno che il terzo comma dell’art. 63 è stato spesso oggetto di applicazione da parte degli amministratori di condominio. Ed è dalla stessa casistica giurisprudenziale, soprattutto di merito, che si possono trarre indicazioni utili per inquadrare la questione.
Potenzialmente sono suscettibili di godimento separato il servizio di ascensore, quello di riscaldamento e quello di fornitura dell’acqua perché potrebbero essere sospesi, con procedure differenti, nei confronti dei singoli condomini senza incidere sul continuo godimento del servizio da parte degli altri soggetti appartenenti al condominio. Diversamente non sono tali il servizio di illuminazione delle scale o dei box/autorimesse e neppure quello di pulizia delle parti condominiali.
Il Tribunale di Roma (sent.14/12/2015 n. 24892), nel pronunciarsi in senso negativo sulla decisione assembleare di sospendere il servizio di ascensore nei confronti di un condomino moroso, ha formulato una importante considerazione preliminare sul legame tra la natura di questo provvedimento ed i diritti fondamentali dell’individuo.
In sintesi è stato evidenziato che il potere di autotutela del condominio, riconosciuto dall’art. 63, deve essere coordinato tanto con il principio specifico della solidarietà condominiale, quanto “con i principi generali dell’ordinamento, nel quale vanno compresi i valori ed i diritti fondamentali, con l’effetto che il potere di sospensione del condomino moroso dalla fruizione del servizio comune se deve necessariamente creare disagio per poter svolgere un’efficacia persuasiva e spingere l’obbligato ad adempiere, non può tuttavia mettere in pericolo e comprimere gravemente i diritti fondamentali, i quali nel bilanciamento dei rispettivi e contrapposti interessi non possono che valutarsi prevalenti. L’interpretazione della norma costituzionalmente orientata fa propendere pertanto nel senso che la manifestazione di tale potere di sospensione, sia nel suo contenuto che anche nelle modalità di attuazione, trovi un limite nell’esigenza che il suo esercizio in concreto non possa gravemente menomare le fondamentali esigenze di vita del soggetto passivo” (nella specie: ascensore).
L’amministratore, quindi, al quale è demandato ampio potere di azione in questo campo, non dovrebbe ignorare un principio di tale portata, né lo stesso dovrebbe essere sottovalutato dall’assemblea deliberante alla quale, molto spesso, viene demandato il compito di rilasciare l’autorizzazione.
L’orientamento del giudice romano ha un precedente nella decisione del Tribunale di Milano (ord. 24/10/2013, r.g. 72656/13), il quale aveva dichiarato illegittima l’interruzione del servizio di riscaldamento in periodo invernale, definita fornitura essenziale per la vita. La sospensione, quindi, si poneva come lesiva del diritto fondamentale alla salute, garantito dall’art. 32 della Costituzione ed al quale il diritto al recupero delle morosità resta subordinato.
La giurisprudenza esaminata in materia, tuttavia, non appare certamente univoca. Basti infatti ricordare che:
– il Tribunale di Modena (ord. 05/06/2015, in Arch. Loc. 2015) ha definito, dopo l’entrata in vigore della riforma del 2012, la prerogativa dell’amministratore come un potere-dovere esercitabile in piena legittimità se la sospensione sia effettuata intervenendo sulle parti comuni e senza incidenza sulle parti di proprietà esclusiva del condomino moroso (nella specie: approvvigionamento idrico).
Interessante la fattispecie, costituita da un ricorso in via possessoria ex artt. 700 e ss. c.p.c. promosso avverso il condominio da soggetto nominato custode del proprio immobile soggetto a pignoramento.
In una articolata motivazione il giudice, pur riconoscendo il valore della salvaguardia, in via generale, dei diritti fondamentali connessi all’uso dell’abitazione, ha rilevato che il ricorrente non rivestiva alcuna posizione tutelabile in rapporto all’utilizzo dell’immobile, dovendo essere considerato un occupante senza titolo, con la conseguenza che nessun bilanciamento con diritti fondamentali potesse, nel caso concreto, essere compiuto.
Per quanto concerne il tipo di azione prescelta (art. 700 c.p.c.) il Tribunale, nel sottolineare il carattere residuale della stessa, nel merito ha affermato l’improponibilità di un’azione cautelare/possessoria in quanto la fornitura di acqua potabile non può essere, di per sé, oggetto di tale tutela in quanto “…l’interruzione di fornitura non comporta spoglio essendo l’acqua in corso di prelievo già consumata (o accumulata), mentre non è configurabile lo spoglio per quella eroganda, che non può essere oggetto di possesso attuale, perché prima dell’apprensione vi è solo potenziale disponibilità del bene, realizzabile mediante la concreta utilizzazione, solo con la persistente collaborazione dell’ente erogatore e, nella specie, del condominio”.
La decisione rappresenta un’ applicazione analogica del principio espresso da Cass. n. 24182/2004 in tema di somministrazione di energia elettrica;
– il Tribunale di Lecco (ord. 29/12/2014, in Arch.Loc. 2015, 311), invece, ha accolto, sic et simpliciter, la richiesta del condominio di autorizzazione a procedere alla sospensione della fruizione dei servizi comuni, senza porsi alcun problema in merito all’aspetto posto in evidenza dal giudice romano (nella specie: riscaldamento ed acqua);
– il Tribunale di Brescia (ord. 427/2014) sempre sulla sospensione del servizio di fornitura di acqua nei confronti di più condomini morosi, con dubbia decisione, accoglieva il ricorso presentato, in via d’urgenza, dal condominio per ottenere l’autorizzazione ex art. 63 disp.att.c.c.. Affermava, infatti, il giudicante che “la lettera della norma non consente di ravvisare alcun messo di corrispettività fra il servizio di cui si chiede l’autorizzazione alla sospensione e la natura dei servizi per i quali il condomino risulti moroso. La regola, infatti, istituisce una forma di autotutela del condominio, funzionale al recupero degli oneri nel suo complesso, senza invocare un rapporto sinallagmatico fra la prestazione inadempiuta e prestazione sospesa” (in senso conforme Trib. Brescia, ord., 21 maggio 2014).
In presenza di un orientamento della giurisprudenza visibilmente contrastante è consigliabile che l’amministratore, pur essendo titolare di un potere a lui attribuito dalla legge, a propria tutela investa sempre l’assemblea della decisione. Ed ancora che il condominio rifletta bene prima di assumere una decisione obiettivamente ed altamente penalizzante.
Permane il dubbio – anche se si propende per una risposta negativa – se l’autorizzazione alla sospensione possa essere chiesta tramite il ricorso all’art. 700 c.p.c., in considerazione sia del carattere residuale dell’istituto, sia del fatto che vi è uno strumento immediato per ottenere la condanna dell’inadempiente al pagamento degli oneri condominiali: il decreto ingiuntivo.
Non da sottovalutare, inoltre, la problematica attuazione della norma, poiché , come ad esempio nel caso di sospensione del servizio di riscaldamento centralizzato, l’operazione dovrebbe avvenire all’interno delle proprietà esclusive, tramite l’apposizione ai sigilli dei radiatori. In questo caso, infatti, dovrebbe essere richiesta al Tribunale una autorizzazione a che i tecnici del condominio possano entrare nell’immobile del condomino per operare la sospensione del servizio.
A fronte della genericità della norma appare lecito domandarsi ancora, anche a fronte di qualche decisione favorevole in tal senso, se una morosità non correlata ad un determinato servizio (ad esempio mancato pagamento di spese ordinarie) si possa lasciare libero l’amministratore di scegliere quale dei servizi sospendere. Mentre va evidenziato che, se è vero che il limite per la morosità è previsto in sei mesi di mancati pagamenti, non è detto che l’entità dell’inadempimento sia tale da giustificare l’applicazione dell’art. 63 in esame.
Poiché ad ora non risultano sussistere decisioni di legittimità sul punto, non resta che attendere i lumi della Corte di Cassazione su tutte le questioni qui evidenziate.
Morosità del condominio verso gli enti che erogano i servizi
Non è inconsueto che, anche per effetto della persistente crisi economica, siano gli stessi condominii a rendersi morosi nei confronti degli enti erogatori di forniture di gas, luce, acqua ecc. allorché un numero cospicuo di proprietari non adempia alle proprie obbligazioni specifiche.
Non di rado, inoltre, è accaduto che amministratori infedeli, malgrado i condomini abbiano versato regolarmente i contributi condominiali relativi alle forniture stesse, non abbiano, poi, provveduto a pagare le bollette intestate al condominio. Questo è fatto che può rilevare solo nei rapporti interni al condominio, senza effetto alcuno verso i soggetti terzi i quali restano, comunque, creditori nei confronti del condominio.
La conseguenza di tali inadempimenti è stata quella di assistere alla sospensione dei servizi da parte degli enti distributori.
Prima di esaminare il DPCM 29 agosto 2016 (Disposizioni in materia di contenimento della morosità del servizio idrico integrato”) nelle sue finalità e nei suoi aspetti peculiari, va brevemente ricordato che i giudici, spesso, sono stati chiamati a decidere di controversie tra i soggetti erogatori e/o distributori di servizi (con particolare riferimento a quello idrico) e coloro – come le comunità condominiali, ma anche semplici cittadini – che hanno subito la sospensione del servizio.
Da un rapido esame di tale giurisprudenza sono emersi alcuni principi che qui si sintetizzano:
– la società erogatrice, quando vi siano due distinti contratti di somministrazione idrica riferiti a due differenti utenze, di cui una non essenziale (ad esempio: garage) e l’altra concernente l’immobile ad uso residenziale, non può adottare un comportamento volutamente afflittivo, applicando la sospensione della fornitura a quest’ultimo piuttosto che a quello per il quale sussiste la morosità (Trib. Fermo, ord. 703/2016).
– la società fornitrice di acqua può effettuare una riduzione dell’erogazione a tutti i condomini quando vi sia inadempimento nei suoi confronti ed indipendentemente dal fatto che la morosità, in ambito condominiale, si riferisca a solo alcuni dei proprietari.
Questa è la sostanza di una decisione del Tribunale di Alessandria (del 17/07/2015 tratta dal portale “Condominio Web”) in sede collegiale che, in sede di reclamo, aveva ribaltato la decisione del primo giudice il quale, in accoglimento del ricorso promosso dai condomini adempienti, aveva ordinato alla società erogatrice di ristabilire l’ordinario flusso dell’acqua.
Nella decisione il Tribunale, in linea con i principi enunciati dalla Corte di Cassazione (sent. 17/02/2014 n. 3636) ha affermato che “a fronte di un contratto che vincola il condominio, solo l’amministratore pro tempore è legittimato a provvedere al pagamento delle somme dovute a titolo di corrispettivo per il servizio erogato, con la conseguenza che il pagamento eventualmente eseguito dal singolo condomino non è idoneo ad estinguere il debito nei suoi confronti”.
Tradotto tale principio di ordine generale nella fattispecie particolare, è stato riconosciuto il diritto della società di operare la riduzione del flusso dell’acqua nei confronti di tutti i condomini, senza escludere coloro che avevano versato le proprie quote in mani dell’amministratore poiché, non risultando pagato alla stessa società alcun corrispettivo per il servizio reso, anche i condomini che avevano agito per fare valere il proprio diritto nei confronti del fornitore devono essere considerati, al pari di tutti gli altri, totalmente inadempienti.
Interessanti argomentazioni sono emerse da altra decisione di merito. Il Tribunale di Sassari (sent. 18/02/2013, tratta da Condominio Web) nell’ambito di un procedimento cautelare di urgenza promosso da alcuni condomini, i quali chiedevano che venisse ordinato al gestore del servizio per la fornitura di acqua potabile in rete di astenersi dalla minacciata sospensione per inadempimento del condominio nel pagamento di quanto dovuto ha evidenziato che:
– non ogni volta che si sia formata una morosità di qualunque importo, anche modesto, è consentito al fornitore del servizio idrico integrato di prospettare la sospensione del servizio, subordinando il ripristino all’integrale pagamento di quanto domandato;
– il preavviso di sospensione è considerato illegittimo ove non abbia riguardo all’entità della mora che deve essere cospicua, perdurante da lungo tempo, totale o comunque riferibile ad una quota elevata dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo, non giustificata da una contestazione relativa ad un rapporto singolo e non all’utenza condominiale;
– nell’esecuzione del contratto il fornitore del servizio, al pari di qualsiasi altro fornitore, si deve comportare in buona fede e, nel caso specifico, non deve fare lievitare il proprio credito fino a fargli raggiungere misure assai elevate per poi richiedere al Condominio il pagamento maggiorato di interessi, rafforzando la propria richiesta con la minaccia della sospensione del servizio in nome del principio inadimplendi non est adimplendum.
Cenni sulla nuova normativa in materia di contenimento della morosità nel servizio idrico integrato
Fatta questa premessa, che fornisce solo un panorama, sicuramente non esaustivo, di quelle che sono le problematiche in tema di rapporti tra utenti condominiali e fornitori di servizi, assume rilevanza particolare il recente provvedimento governativo che, prendendo atto di una situazione in costante evoluzione in senso negativo, mira a delineare un margine alla morosità nel pagamento delle forniture idriche prendendo in considerazione, per quanto di nostro diretto interesse, alcuni elementi che dovrebbero prevenire tale stato di indebitamento.
In questo ambito ci riferiamo in particolare: a) alla rilevanza economica del servizio idrico integrato, i cui costi di gestione e di investimento devono essere coperti dalle relative tariffe che garantiscano l’equilibrio economico della gestione e della sostenibilità per tutti gli utenti; b) alla consapevolezza che il fenomeno della morosità, fattore di evidente criticità, deve essere contenuto e prevenuto e che l’interruzione della somministrazione dell’acqua ai soggetti inadempienti è soggetto a molteplici varianti; c) al riconoscimento che deve essere fornito un quantitativo minimo di acqua vitale, fissato in 50 litri per abitanti al giorno, per il soddisfacimento dei bisogni essenziali e che solo le utenze domestiche disagiate e documentate devono essere sostenute e garantite anche in caso di morosità tramite detto quantitativo.
Il provvedimento, che detta le linee guida alle quali si dovrà uniformare l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (e non si comprende perché l’oggetto dello stesso sia stato limitato solo a quest’ultimo, considerato che anche il gas – soprattutto quando sia attinente al riscaldamento – e la luce rappresentano forniture essenziali per la vita degli individui), definisce, in primis, le modalità, anche in ordine di tempo, per prevenire le morosità nonché le procedure di messa in mora degli utenti, assicurando una congrua tempistica per il rientro delle stesse.
Sono tutelati, in modo particolare, gli utenti domestici residenti (il ché escluderebbe i proprietari delle seconde case in quanto non residenti) economicamente disagiati, nei confronti dei quali la fornitura di acqua non può essere sospesa (ovvero “disalimentata” secondo il termine utilizzato dal legislatore) ed in favore dei quali è riconosciuto un minimo vitale di fornitura di acqua pari a 50 litri abitante al giorno. In ogni caso tutti gli utenti residenti, indipendentemente dal loro status di soggetto disagiato godranno del quantitativo minimo a tariffa agevolata.
Tutti gli altri soggetti non rientranti nella categoria protetta saranno sottoposti, in caso di morosità, alla sospensione del servizio idrico.
In considerazione del fatto che – come emerso anche dalle sentenze richiamate – molto spesso si è verificata una sproporzione tra l’entità della morosità ed il provvedimento punitivo assunto dal gestore, il recente provvedimento ha decretato che la sospensione può avvenire solo successivamente al mancato pagamento di fatture di importo complessivo superiore al corrispettivo annuo dovuto e relativo al volume della fascia agevolata e dopo la regolare messa in mora da parte del gestore, previa escussione del deposito cauzionale che, versato, non copra integralmente il debito.
La definizione dei parametri che consentono di stabilire quale sia lo stato di disagio economico-sociale; le modalità ed i termini per procedere alla messa in mora preventiva dell’utente; le forme di rateizzazione e la definizione dei piani di rientro e le modalità di riattivazione del servizio in caso di sospensione e così via sono demandate all’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico.
Se il decreto appare di semplice applicazione per i singoli utenti i quali, sostanzialmente, per non subire l’odiosa sanzione devono documentare il loro stato di indigenza in base ai relativi indici, resta da vedere se e con quali modalità esso sia applicabile anche ai condominii, considerato che la conformazione dell’impianto di adduzione dell’acqua è comune ma solo fino al punto di diramazione nei singoli appartamenti. Ciò, quindi, renderebbe difficilmente ipotizzabile una sospensione generalizzata dell’erogazione idrica da parte del gestore.
Va, da ultimo evidenziato, che il decreto in esame ha per oggetto la sospensione del servizio idrico, ma non parla di riduzione del flusso. Fattispecie che, come visto, si è già verificata.
Non resta, quindi, che attendere quelle che saranno le direttive emanate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico che, in ogni caso, si dovranno coordinare con le competenze delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, tenuto conto dei rispettivi Statuti e relative norme di attuazione.
Dagli emanandi provvedimenti amministrativi, inoltre, sapremo se e come l’Autorità intende procedere anche in relazione alla sospensione dei flussi di gas e fornitura di energia elettrica nei casi di morosità. E soprattutto se ci chiarisca come intende intervenire se la morosità è riconducibile all’intera compagine condominiale.