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Normativa condominio

Normativa condominio

La Normativa e il Condominio

Lastrici solari esclusivi e non

Lastrici solari esclusivi e non

Uso corretto, nuove problematiche e novità giurisprudenziali in materia di ripartizione spese


I gravissimi fatti accaduti a Roma e consistenti nel crollo dei soffitti degli ultimi due piani di un palazzo costruito negli anni ’30, per fortuna senza avere causato danni alle persone, invitano tutti ad un momento di riflessione su quelle che potrebbero essere le con-cause di dissesti strutturali potenzialmente individuabili anche in un utilizzo improprio dei lastrici solari e delle terrazze.

E quando si dice “tutti” ci si riferisce, in primo luogo, alla comunità condominiale che, proprietaria e custode dei beni comuni, troppo spesso sottovaluta e/o dimentica che l’integrità degli stessi coincide ed incide sulla solidità delle proprietà esclusive.

Immediatamente a seguire non possiamo trascurare i “singoli”, in quanto soggetti costitutivi di tale compagine, i quali devono partecipare attivamente alla vita condominiale impegnandosi, da un lato, a segnalare all’amministratore eventuali problematiche o segnali di pericolo e, dall’altro, ad adottare nel godimento della proprietà esclusiva comportamenti che rispettino i più basilari fondamenti della sicurezza.

Da questo elenco, infine, non può essere escluso l’amministratore di condominio il quale, nell’esercizio dei poteri a lui conferiti dalla legge, deve mettere in atto tutte le necessarie misure di prevenzione. E ciò non solo a tutela degli immobili dal medesimo amministrato e dei suoi abitanti, ma anche a garanzia dei terzi e di sé stesso, in considerazione del fatto che, qualora dovessero emergere fatti colposi a suo carico (come nel caso in cui fosse rimasto inerte nei confronti di segnalazioni che gli fossero pervenute) potrebbe risultare personalmente responsabile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 40 c.p. (Rapporto di causalità: “non impedire un evento, che si ha l’obbligo di impedire, equivale a cagionarlo”) e 677 c.p. (rubricato “omissione dei lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina”).

La giurisprudenza sul punto è costante, tanto è vero che ancora di recente il Tribunale di Milano, in perfetta linea con quanto affermato dai giudici di legittimità ha ritenuto che “il condominio, in persona dell’amministratore, ha un obbligo di controllo della manutenzione del lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condomini, trattandosi di manufatto che svolge una funzione di copertura del fabbricato; conseguentemente, ben opera l’amministratore che - a seguito di segnalazione - richieda, in ottemperanza al proprio onere di custodia ex art. 2051 c.c., sia una perizia tecnica dei luoghi che un intervento di riparazione, le cui spese devono essere ripartite secondo quanto disposto dal regolamento condominiale,che fa stato tra le parti, in quanto diversa convenzione prevista per legge” (Trib. Milano 22 ottobre 2014 in Arch. Locazioni, 2015, 437).

Il tema specifico è sicuramente di grande interesse per i rappresentanti dell’Ente ma, ovviamente, per la sua delicatezza e complessità merita un esame più che approfondito da rinviare ad altra sede.

Per tornare in argomento, quindi, direi che è importante, o meglio essenziale, che lo stabile sia da “tutti” costantemente monitorato e che eventuali segnali premonitori, ritenuti a torto di scarso rilievo, potrebbero, con il tempo, aggravarsi con conseguenze imprevedibili.

Lastrico solare esclusivo: quali i divieti nel suo utilizzo?

Per lastrico solare si intende notoriamente quella superficie, calpestabile e posta alla sommità dell’edificio, la cui funzione primaria è quella di copertura dei piani o delle porzioni di piano sottostanti. La struttura può essere comune a tutti i condomini, come previsto dall’art. 1117 c.c., se il contrario non risulta dal titolo, ma anche può essere di appartenenza o di uso da parte di un solo condomino.

In relazione alla titolarità del lastrico solare si applica un regime normativo differente che riguarda la ripartizione degli oneri di spesa; la titolarità degli obblighi di manutenzione e conservazione e tutta una serie di questioni relative alle diverse responsabilità in ordine ai danni derivanti da una cattiva o assente cura del bene in questione.

Sempre prendendo spunto da quanto accaduto a Roma vorrei qui ribadire quello che dovrebbe essere già chiaro, ma che, invece, nella realtà non sembra essere poi così scontato considerato che molto spesso i condomini ritengono di avere il diritto di utilizzare il proprio lastrico solare/terrazza in piena libertà e senza il rispetto delle più elementari regole preordinate a garantire, più che il decoro architettonico dell’edificio (certamente bene comune di rilevante importanza), la sicurezza e la stabilità dello stabile.

Nelle disposizioni del codice civile in materia di condominio “sicurezza e stabilità” sono aspetti che sono stati oggetto di particolare attenzione da parte del legislatore, il quale ha trattato l’argomento con riferimento a quegli interventi che, se troppo invasivi, potrebbero interferire con la solidità delle strutture condominiali.

Per questo mi riferisco agli articoli:

1117 ter, introdotto dalla legge n. 220/2012 che ha previsto, per la prima volta, la possibilità di modificare la destinazione d’uso delle cose comuni per soddisfare esigenze di interesse condominiale;

1120, ultimo comma, c.c. (innovazioni votate dai condomini con la maggioranza qualificata prevista dall’art. 1136, comma 5, c.c. ovvero maggioranza dei partecipanti all’assemblea pari a due terzi dei millesimi);

1122, primo comma, c.c. (opere su parti di proprietà esclusiva o uso individuale) come novellato dalla legge di riforma del condominio;

1122 bis c.c. (interventi concernenti la realizzazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili), introdotto ex novo dalla legge del 2012, ove il diritto del condomino alla realizzazione di tali opere incontra precisi divieti;

1127 c.c. (sopraelevazione) secondo il quale l’intervento non è ammesso se le condizioni statiche dell’edificio non lo consentono.

In tutti questi casi, di cui solo gli artt. 1117 ter e 1120 c.c. prendono in considerazione modificazioni ed innovazioni approvate nell’interesse della comunità, ricorrono sempre i termini sicurezza, stabilità, mentre per la sopraelevazione la legge parla di condizioni statiche.

Senza avere la presunzione di addentrarci in un terreno squisitamente tecnico, basterà solamente rilevare che, nella fattispecie della sopraelevazione, il legislatore ha evidenziato nella staticità dell’edificio il limite da non superare proprio in considerazione del fatto che la nuova opera, che si andrà ad edificare sul lastrico solare è talmente importante che richiede, nell’esame dello studio di fattibilità, la certezza che le strutture dell’edificio condominiale siano idonee a sorreggerne il peso. Accertamenti che, naturalmente, dovranno essere effettuati ex ante.

A questo proposito giova anche ricordare quanto affermato in argomento dai giudici di legittimità (sentenza n. 3196 dell’ 11 febbraio 2008) i quali del concetto di stabilità hanno fornito una interpretazione più articolata rispetto a quanto non emerga dalla norma relativa regolatrice: “Il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127, secondo comma, c.c., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture son tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, secondo comma, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico. (Fattispecie relativa ad una sopraelevazione sul lastrico solare eseguita a Napoli, senza il rispetto delle cautele imposte dalla legge n. 64 del 1974).

Decisione, questa, seguita da altra più recente ove gli ermellini hanno specificato che “…le condizioni statiche dell’edificio rappresentano un limite all’esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non già l’oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato” (Cass. 30 novembre 2012, n. 21419).

Il tutto uniformandosi la Corte Suprema al principio espresso nei lontani anni ’80 dalle Sezioni Unite ad avviso delle quali “la sopraelevazione realizzata dal proprietario dell’ultimo piano di edificio condominiale, in violazione delle prescrizioni e cautele tecniche fissate dalle norme speciali antisismiche, è riconducibile nell’ambito della previsione dell’art. 1127 secondo comma c.c., in tema di sopraelevazioni non consentite dalle condizioni statiche del fabbricato. A fronte di tale opera, pertanto, deve riconoscersi la facoltà del condominio di ottenere una condanna alla demolizione del manufatto, nonché la legittimazione alla relativa azione dell’amministratore del condominio medesimo, vertendosi in materia di Atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio” (Cass. Sez. Un. 8 marzo 1986, n. 1552).

Detto questo occorre solo precisare che tali divieti devono essere, a maggior ragione, rispettati quando la terrazza esclusiva a livello si presenti in “aggetto” rispetto ai piani sottostanti.

Come arredare un lastrico/terrazzo nel rispetto della sicurezza

L’ipotesi è di scuola. E’ più che comprensibile, infatti, che il proprietario di spazi esterni di ampie dimensioni ed immediatamente accessibili dal proprio appartamento, ne voglia godere al meglio, attrezzandoli e rendendoli sempre più accoglienti.

Il modo più classico è quello di arredare il lastrico/terrazza con piante che diano l’impressione di vivere in una sorta di oasi verde inserita nel contesto cementificato della città. Altre volte si pretende che tale spazio assuma anche l’aspetto di una estensione dell’appartamento al quale è annesso, ed allora, anche affascinati dalle riviste specializzate, l’arredamento viene completato con l’inserimento di elementi che siano nel contempo decorativi e strutturali, costituiti da materiali pregiati ma spesso, obiettivamente, non adatti per occupare questo tipo di superfici. Mi riferisco, ad esempio, a tavoli e sedili in pietra, fontane o, comunque, altri arredi che per il loro peso, alla lunga, potrebbero risultare pericolosi, non solo per la stabilità del manufatto sul quale vanno a poggiare ma, più semplicemente e senza prospettare conseguenze estreme, per la possibilità di incrinare il manto della struttura
creando, nel tempo, pericolose infiltrazioni che, alla fine, avranno sicuramente ripercussioni sui piani sottostanti.

In tutti questi casi il primo consiglio che viene da dare ai condomini è quello di affidarsi preventivamente sempre a persona competente (ovvero un tecnico quale ingegnere, architetto, geometra), che potrà suggerire come comportarsi e, soprattutto, saprà individuare i punti deboli della struttura sulla quale evitare di posizionare gli arredi.

In ogni caso, secondo regole che rispondono ad una logica elementare ed intuitiva va evidenziato che:

– sul lastrico/terrazzo non devono essere poste piante che, per la loro sopravvivenza, richiedano vasi di grandi dimensioni in quanto l’elevato quantitativo di terra ivi contenuto reso più pesante dalle innaffiature crea un elemento di pericolo per la sicurezza. Per lo stesso motivo la scelta dei vasi si deve indirizzare verso recipienti costituiti da materiali meno pesanti (ad esempio: vetroresina) anche se meno estetici di quelli tradizionali ( cotto, ghisa, ecc.).

– è indispensabile che i vasi siano sollevati dal pavimento, poiché l’acqua che fuoriesce dal contenitore a contatto diretto con il piano di copertura, nel tempo, determina sempre una persistente zona di umidità, che può causare lesioni capillari al rivestimento della superficie di copertura che danno il via a micro-infiltrazioni, il cui sviluppo e percorso è sempre inaspettato. A tale fine è opportuno, inoltre, che per evitare tali conseguenze, al di sotto dei vasi siano sempre presenti dei raccoglitori di acqua, da svuotare con regolarità soprattutto nel periodo estivo per evitare il ristagno del liquido defluito dalla pianta;

– da evitare il posizionamento sul lastrico solare di aiuole in muratura sicuramente piacevoli e decorative ma assolutamente non adatte alla superficie che fa loro da base;

– prima di arredare il terrazzo con piante di grandi dimensioni è sempre opportuno consultare il regolamento di condominio che, se di natura contrattuale e come tale recepito dai condomini nei singoli atti di acquisto, potrebbe contenere norme e/divieti che impediscano l’uso di piante fuori misura;

– è, altresì, importante avere conoscenza anche del regolamento di polizia urbana della propria città, poiché potrebbe imporre limiti e dettare direttive per gli arredi di spazi di proprietà esclusiva a salvaguardia di sicurezza e stabilità;

– la sicurezza deve essere garantita anche in tutti quei casi in cui le piante possano essere messe a dimora nelle fioriere che siano collocate negli spazi in aggetto rispetto ai confini di un lastrico solare o di una terrazza. Situazione, questa, non rara in cui la sicurezza deve essere considerata sotto un duplice profilo: quello per cui la parte in aggetto deve poter sorreggere il peso di una o più cassette di fiori, e quello dato dal fermo ancoraggio del vaso in modo che lo stesso non rischi di cadere nel vuoto. Ed in questo senso, in generale, i regolamenti di polizia urbana contengono norme specifiche, come ad esempio il Regolamento di Roma che nella sezione “Tutela della incolumità pubblica” (art. 27: “Oggetti mobili sulle finestre e sui balconi”) prescrive il divieto di “tenere sui davanzali delle finestre, sui parapetti dei balconi, sui cornicioni e su altre sporgenze prospicienti strade, piazze, cortili ed altri spazi di transito, vasi di fiori ed altri oggetti mobili non convenientemente assicurati”.

– vasi le cui dimensioni siano al di fuori della norma, quanto al loro peso, non dovranno essere mai collocati in posizione concentrata ma adeguatamente distribuiti sul lastrico/terrazza. Ciò consentirà, infatti, un maggior bilanciamento del peso sulla superficie evitando di indebolire i punti critici.

Il lastrico solare può essere trasformato in un giardino pensile

Fino a qualche anno fa sarebbe sembrato di parlare di una ipotesi non realizzabile, ma forse non tutti sanno che dal 2009 tale possibilità è stata presa in considerazione dal legislatore e dalle autorità ministeriali che, confortati dai pareri degli esperti nel settore, hanno inquadrato tale intervento nell’ambito di quelli finalizzati a favorire il risparmio energetico, tanto che attualmente è anche oggetto di un apposito disegno di legge depositato in Senato.

La deliberazione n. 1/14 del Comitato per lo Sviluppo del verde pubblico, organismo istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, si è indirizzata in questo senso sulla scia di preesistenti norme legislative quali ad esempio la legge n. 10/2013 (art. 6, co. 1), secondo la quale gli enti locali, nell’ambito delle loro competenze e delle risorse disponibili, devono adottare misure volte a favorire il risparmio e l’efficienza energetica, con particolare riferimento, fra l’altro, alle coperture a verde di cui all’art. 2, co. 5 del DPR n. 59/2009 da intendersi tali “le coperture continue dotate di un sistema che utilizza specie vegetali in grado di adattarsi e svilupparsi nelle condizioni ambientali caratteristiche della copertura di un edificio. Tali coperture sono realizzate tramite un sistema strutturale che prevede in particolare uno strato colturale sul quale radificano associazioni di specie vegetali, con minimi interventi di manutenzione, coperture a verde estensivo o con interventi di manutenzione media e alta, coperture a verde intensivo”.

Si afferma nella delibera che la legislazione vigente, che ammette alla fruizione del regime fiscale di favore determinati tipi di interventi (quali ad esempio l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda e la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale e quant’altro), essendo priva di un “elenco ricognitivo con valore tassativo” della tipologia di interventi ammessi alla fruizione del c.d. bonus fiscale, non osta alla detraibilità delle spese sostenute per la copertura a verde, tanto più che la Circolare n. 29/E/13 dell’Agenzia delle Entrate “qualsiasi intervento, o insieme sistematico di interventi, che incida sulla prestazione energetica dell’edificio, realizzando la maggior efficienza energetica richiesta dalla normativa di riferimento, è ammessa al beneficio fiscale”.

Pur presentando la direttiva in questione profili di carattere meramente fiscale e da approfondire nelle opportune sedi, va considerato che la stessa, nella parte finale, subordina l’applicabilità delle agevolazioni ad un’apposita e successiva delibera che estenda i detti vantaggi anche alla trasformazione dei lastrici in giardini pensili (trasformazione che, correttamente, esclude qualsiasi sgravio nel caso in cui la modifica sia stata realizzata per meri motivi di bellezza che nulla hanno a che fare con il risparmio energetico) e che, dal suo esame, emergono alcuni elementi degni di rilievo. A tale fine si deve considerare che:

– ove tali interventi dovessero essere realizzati su di un lastrico solare comune si potrebbero inquadrare nell’ambito dell’art. 1120, comma 2, n. 2, c.c. (interventi per il contenimento energetico degli edifici) che richiedono per la loro approvazione la maggioranza di cui all’art. 1136, co. 2, c.c.;

– ove, invece, l’intervento sia da realizzare su di un lastrico di uso o di proprietà esclusiva il condomino, come previsto dall’art. 1122 c.c., ne dovrà dare preventiva notizia all’amministratore il quale è tenuto a riferirne all’assemblea. Ciò significa che l’organo deliberante, sussistendone fondate ragioni, potrà negare il permesso di procedere. La norma, infatti, se si riduccesse ad una mera informativa non avrebbe gran significato.

– in entrambi i casi di appartenenza del lastrico solare, comunque, resta fermo il divieto in relazione alla salvaguardia ed alla sicurezza del fabbricato. Nel caso in questione l’intervento, che indubbiamente presenta caratteri inediti e del tutto singolari, dovrebbe richiedere uno studio di fattibilità molto approfondito proprio per le potenziali conseguenze sulle strutture dell’edificio, anche se la delibera richiamata sembra limitare il tipo di cultura alla messa in opera di verde a copertura.

– non poche perplessità, infine, sorgono in merito al divieto posto nell’ultimo comma dell’art. 1120 c.c. (in relazione alla inservibilità all’uso ed al godimento del bene comune anche di un solo condomino) ed alla sua conciliabilità con il disposto dell’art. 1117ter, a norma del quale la modificazione delle destinazioni d’uso può essere approvata, quando risponda ad esigenze di interesse condominiale, con la maggioranza dei quattro quinti dei partecipanti al condominio e dei millesimi di proprietà. Norma che, tuttavia, non elimina il pregiudizio ostativo della sicurezza e stabilità dell’edificio, mentre ai fini dell’interpretazione della nozione “esigenze di interesse condominiale” sembra corretto lasciare la parola alla giurisprudenza che non mancherà di interpretare l’espressione utilizzata dal legislatore.

Ripartizione delle spese

La normativa codicistica prevede che le spese inerenti alla manutenzione, conservazione e ricostruzione dei lastrici solari ad uso esclusivo (art. 1126 c.c.) devono essere ripartite tra il condomino che ne abbia l’uso o la proprietà ed il condominio nella misura di un terzo a carico del primo, mentre i rimanenti due terzi sono posti a carico dei piani sottostanti ai quali il lastrico funge da copertura. La ratio di tale norma è stata sempre individuata nella circostanza che il condomino che abbia la completa disponibilità di tale superficie deve rispondere in ragione della maggiore utilità che il bene esplica nei suoi confronti.

Se invece il lastrico è di proprietà comune si applica l’art. 1123 c.c., con una ripartizione degli importi fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà, pur con i correttivi previsti dal medesimo articolo comma 3, in base al quale se in un edificio vi siano più lastrici solari, che servano parti differenti dell’immobile, le spese relative andranno ripartite in relazione al gruppo dei condomini che ne trae utilità. L’espressione usata dal legislatore “più lastrici” fa presumere che gli stessi siano nettamente separati tra di loro, pur se appartenenti allo stesso condominio, mentre se la struttura dovesse essere unitaria si applicherebbe il comma 1 dell’art. 1123 c.c.

La legge, invece, non parla di come ripartire tra i condomini l’eventuale somma riconosciuta a titolo di risarcimento al soggetto danneggiato dalle infiltrazioni derivate alla sua proprietà dal sovrastante lastrico, ma a questo ha supplito, nel corso degli anni, la giurisprudenza che ha esteso i criteri dettati dal codice in materia di riparazione o ricostruzione anche al ristoro dei danni. E da questo punto di vista è la stessa Cassazione che ha affermato che il termine “riparazione” riferito al lastrico solare di cui all’art. 1126 c.c. è da considerarsi come sinonimo di manutenzione (Cass. 25 febbraio 2002, n. 2726).

L’opera interpretativa si è sviluppata tramite un’imponente produzione giurisprudenziale che, di recente, si è espressa con un provvedimento – sia pure interlocutorio – che potrebbe modificare un precedente orientamento.

Mi riferisco all’ordinanza n. 13526 emessa in data 13 giugno 2014 con la quale è stato affermato che “deve essere rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite la questione se, nel caso di danno cagionato all’appartamento sottostante da infiltrazioni d’acqua piovana provenienti dal lastrico solare di proprietà esclusiva per difetto di manutenzione da parte del condominio, debba applicarsi il criterio di riparto stabilito dall’art. 1126 c.c. per le spese di riparazione del terrazzo oppure il criterio dell’imputazione per colpa aquiliana”.

Sul punto, dopo approfondita argomentazione, i giudici di legittimità hanno testualmente prospettato la necessità di un “ripensamento dell’orientamento sin qui maggioritariamente applicato [che] impone di rimettere gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite”.

Il principio che ora i giudici metterebbero in dubbio è quello pacifico e costantemente applicato, così come determinato dalle SS.UU. della Corte Suprema con sentenza n. 3672/1997 in base al quale obbligati – sia alle riparazioni che al risarcimento dei danni arrecati all’appartamento sottostante sono “i condomini che usufruiscono della copertura del terrazzo in concorso con il proprietario superficiario” secondo la proporzione indicata dall’art. 1126 c.c. In buona sostanza i giudici di legittimità, che hanno operato il rinvio, ritengono che il risarcimento del danno prescinde da qualsivoglia utilità che il condomino, utilizzatore esclusivo del lastrico, trae dal bene e che il risarcimento, con la relativa proporzione, debba essere considerato solo in relazione alla condotta dello stesso, ovvero alla mancata solerzia del condominio che deve intervenire prima che il danno si produca nell’appartamento sottostante.

L’invito al ripensamento, peraltro, troverebbe la sua giustificazione nel fatto che malgrado il principio enunciato dalle Sezioni Unite della Corte nel lontano 1997, vi sarebbe stato nel corso degli anni un contrastante orientamento da parte della dottrina e della stessa giurisprudenza.

Sempre in materia di ripartizione delle spese in questione va ricordata un’altra decisione della Suprema Corte che, in tema di responsabilità per danni da infiltrazioni ha precisato che “la disposizione dell’art. 1126 c.c. che regola la ripartizione fra i condomini delle spese di ripartizione del lastrico solare di uso esclusivo di uno di essi, si riferisce alle riparazioni dovute a vetustà e non a quelle riconducibili a difetti originari di progettazione o di esecuzione dell’opera - come nel caso di cattiva impermeabilizzazione del lastrico o di una inadeguatezza delle canalizzazioni condominiali per lo smaltimento delle acque piovane accertata dal ctu - indebitamente tollerati dal singolo proprietario; in tale ipotesi, ove trattasi di difetti suscettibili di recare danno a terzi, la responsabilità relativa, sia in ordine alla mancata eliminazione delle cause del danno che al risarcimento, fa carico in via esclusiva al proprietario del lastrico solare, ex art. 2051 c.c., sia sotto il profilo dell’esistenza dei suoi obblighi quanto alla impermeabilizzazione del lastrico, sia con riferimento all’incidenza causale di eventuali carenze di impermeabilizzazione ad esso imputabili nel verificarsi dei danni accertati e non anche - sia pure in via concorrenziale - al condominio” (Cass. 30 aprile 2013, n. 10195). Questa decisione sembra in linea con i dubbi sollevati dalla citata ordinanza n. 13526/14 oggetto di esame da parte delle Sezioni Unite.

Non sembra, invece, particolarmente innovativa la decisione del Tribunale di Roma del 15 settembre 2015 (Sezione V, dott. Cinque, n. 18106) con la quale viene anche meglio specificata la ratio sottesa all’art. 1126 c.c.

Il giudice capitolino, infatti, nel risolvere il caso specifico di una unità immobiliare che non beneficiava della copertura del lastrico solare di natura condominiale, facendo parte di un corpo di fabbrica che si sviluppava autonomamente rispetto all’edificio principale, ha ribadito l’applicabilità dell’art. 1123 e non dell’art. 1126. Non senza prima precisare che con tale ultima norma, riferita ai beni di proprietà od uso esclusivo, l’obbligo della contribuzione per i soggetti sottostanti al lastrico solare sorge non per il fatto di essere genericamente “partecipanti al condominio”, ma per la circostanza che il condomino, che sia proprietario di una unità immobiliare sita nella zona dell’edificio coperta dal lastrico, da tale posizione trae concreta utilità.

Mentre, per quanto concerne la ripartizione delle spese del lastrico solare comune ma che non copriva l’unità immobiliare autonoma, il Tribunale, peraltro uniformandosi alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha ribadito corret- tamente l’applicabilità della norma generale prevista dall’art. 1123, co. 3 c.c.

Sicuramente diversa sarebbe stata la decisione se vi fosse stato un regolamento di condominio contrattuale che avesse regolamentato le spese oggetto di controversia in modo difforme dai criteri stabiliti dal legislatore.


di Adriana Nicoletti (Avvocato del Foro di Roma) © Riproduzione riservata

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