Normativa condominio
La Normativa e il Condominio
Titolarità del potere di convocazione dell'assemblea: imputabilità all'amministratore
Una peculiare fattispecie affrontata e risolta di recente dal Supremo Collegio - v. sent. n. 335 del 10 gennaio 2017 - consente di puntualizzare i poteri di convocazione dell'assemblea in capo all'amministratore di condominio, segnatamente laddove l'imputabilità dell'iniziativa non si riveli del tu
Nel caso concreto, un condomino aveva impugnato una delibera assembleare, rilevando - per quel che interessa in questa sede - l’invalidità dell’avviso di convocazione dell’assemblea (alla quale non aveva partecipato), in quanto sottoscritto da persona diversa dall’amministratore in carica, e, precisamente, da un tale signore, socio accomandante di una determinata società in accomandita semplice, all’epoca amministratrice del condominio, anziché da un altro soggetto, che ne era invece il socio accomandatario.
Il condominio si era difeso, osservando che la convocazione era stata fatta utilizzando la carta intestata della suddetta società ed era stata sottoscritta con la dicitura prestampata “… S.a.s.”, solo materialmente siglata dal socio accomandante della società, nonché consulente della stessa, laddove, per il resto, la convocazione era completa dell’indicazione dell’ordine del giorno, e ad essa era allegato il bilancio preventivo e consuntivo, sicché non vi erano dubbi sull’effettiva provenienza dell’avviso di convocazione dalla società che amministrava il condominio di cui sopra.
Il Tribunale aveva rigettato la domanda dell’attore ma, a seguito del gravame proposto da quest’ultimo, la Corte d’Appello, nel riformare la sentenza di prime cure, aveva annullato la delibera impugnata, sull’assunto che la convocazione dell’assemblea condominiale proveniva da soggetto non legittimato, in quanto era stata sottoscritta da persona che, in quanto socio accomandante della società in accomandita semplice, non aveva la legale rappresentanza di tale società, ragione per cui doveva ritenersi violato il disposto dell’art. 66 disp. att. c.c., il quale prevede che l’assemblea venga convocata dall’amministratore (oltre che da ciascun condomino).
Detta sentenza di appello era stata impugnata per cassazione dal condominio, denunciando, in primo luogo, la violazione del citato art. 66 disp. att. c.c.: si evidenziava, in proposito, l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale ritenendo che tale disposizione prevede che la convocazione dell’assemblea condominiale debba essere autografata dall’amministratore in persona, laddove la convocazione dell’assemblea condominiale sarebbe soggetta al principio di libertà delle forme e, ai fini della relativa validità, sarebbe sufficiente che la stessa raggiunga lo scopo di notiziare tutti i condomini del giorno e dell’ora dell’assemblea, nonché dei punti messi all’ordine del giorno.
In secondo luogo, il ricorrente aveva prospettato il vizio motivazionale della gravata decisione, rimproverando al giudice distrettuale di non aver adeguatamente valorizzato i molteplici elementi fattuali sottoposti al suo esame, tra cui il fatto che l’avviso di convocazione era stato redatto su carta intestata della società e che la persona fisica, che aveva sottoscritto la convocazione, era socio accomandante di tale società ed alla stessa era legato da un rapporto professionale di consulenza.
La corretta impostazione della questione
Tali motivi di ricorso risultavano formalmente distinti ma, in sostanza, avevano ad oggetto la medesima doglianza, ossia l’errore in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa annullando la convocazione dell’assemblea condominiale (rectius, la delibera adottata nella relativa riunione), per il solo fatto di essere stata la stessa firmata da persona diversa dal legale rappresentate della società incaricata dell’amministrazione condominiale.
La doglianza, nel suo complesso, è stata ritenuta fondata dai magistrati di Piazza Cavour, ancorché sulla base di considerazioni parzialmente diverse da quelle sviluppate in entrambi i mezzi di impugnazione.
In via preliminare, si è sottolineato che, nella presente causa, non viene in questione il principio, richiamato dal ricorrente - e reiteratamente affermato dai giudici di legittimità, v., tra le altre, Cass. 15 luglio 2005 n. 15087, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 10, 28; Cass. 9 gennaio 1998 n. 138, in Giur. it., 1998, 1807; Cass. 28 gennaio 1995 n. 1033, in Riv. giur. edil., 1995, I, 586; Cass. 15 marzo 1994 n. 2450, in Vita notar., 1994, 1315; Cass. 19 gennaio 1985 n. 140, in Arch. loc. e cond., 1985, 245 - che la comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea dei condomini può essere data con qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo e può essere provata anche da univoci elementi dai quali risulti che ciascun condomino ha, in concreto, ricevuta la notizia (ovviamente tali considerazioni attengono ad una fattispecie anteriore alla legge n. 220/2012, atteso che la Riforma ha, sul punto, scelto in via innovativa di predeterminare le forme legittime della convocazione assemblare, prescrivendo opportunamente, nell’art. 66, comma 3, disp. att. c.c., che il suddetto avviso debba avvenire soltanto “a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano”, e privilegiando, comunque, la forma scritta, in quanto, da un lato, consente al condominio di provare più agevolmente l’avvenuto e tempestivo invio dell’avviso, e, dall’altro, permette di informare adeguatamente i partecipanti delle materie poste all’ordine del giorno, che talvolta possono essere svariate e complesse).
Nel caso concreto sottoposto all’attenzione degli ermellini, infatti, si trattava di stabilire - non se l’avviso di convocazione avesse raggiunto il proprio scopo di rendere edotti i condomini della data/ora/ordine al giorno dell’assemblea, bensì - se la convocazione dell’assemblea provenisse dall’amministratore del condominio, vale a dire dall’unico soggetto (oltre ai singoli condomini) titolare del potere di convocazione ai sensi del summenzionato art. 66 disp. att. c.c.
La ragionevole soluzione offerta
Premesso quanto sopra, il Supremo Collegio ha ritenuto errata la statuizione della sentenza gravata secondo cui, nella specie, doveva escludersi che l‘avviso di convocazione proveniva dal soggetto legittimato per il solo fatto che tale avviso risultasse firmato dal socio accomandante invece che dal socio accomandatario della suddetta società.
Pacifico in punto di fatto che amministratore del condominio ricorrente non era una persona fisica, ma una società in accomandita semplice, si è rammentato, in linea di diritto, che all’accomandante è pur sempre consentito il compimento di atti di amministrazione e di operazioni gestorie, purché ciò avvenga nel quadro di un rapporto di subordinazione rispetto all’accomandatario o in base a procura speciale a lui rilasciata per singoli affari (v., in proposito, Cass. 28 luglio 1986 n. 4824, in Rass. equo canone, 1987, 36).
Ciò posto, si è messo in luce che l’avviso di convocazione assembleare era stato redatto su carta intestata della società in accomandita semplice, sicché la Corte territoriale non poteva fermarsi al rilievo che il sottoscrittore dell’avviso non era il rappresentate legale di tale società (ossia il socio accomandatario), ma avrebbe dovuto valutare se, dall’uso della carta intestata della società, nonché dalla circostanza che la sigla del socio accomandante (peraltro, con lo stesso cognome) era stata apposta sopra la dicitura “…. S.a.s.” posta in calce all’avviso di convocazione, non emergesse che la persona fisica che aveva sottoscritto l’avviso avesse speso il nome della società amministratrice, ragion per cui “a tale società dovesse essere giuridicamente imputata la provenienza dell’avviso di convocazione secondo il meccanismo della rappresentanza volontaria”.
Per questi motivi, il massimo consesso decidente, stigmatizzando la soluzione troppo formalista adottata dal giudice di merito, ha cassato la sentenza impugnata, rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello “perché riesamini la questione dell’imputabilità alla società dell’avviso di convocazione” de quo.
Le attribuzioni dell’amministratore di condominio
Viene, dunque, ribadito che l’amministratore del condominio è il soggetto “istituzionalmente” deputato alla convocazione dell’assemblea, sia straordinaria che ordinaria.
Sotto il primo profilo, a parte la sollecitazione da parte dei singoli di cui appresso, la convocazione dell’assemblea straordinaria è rimessa alla discrezionalità dell’amministratore - la cui valutazione è sottratta a qualsiasi controllo di legittimità - che ne valuterà l’opportunità a seconda delle esigenze condominiali e degli argomenti da trattare.
Invero, l’amministratore, spesso e per varie ragioni, può avvertire il bisogno di sollecitare le statuizioni dell’assemblea (in ordine alle quali non è possibile attendere la convocazione ordinaria), o di sentire immediatamente il parere dei condomini (su determinate materie attinenti all’amministrazione).
Sotto il secondo profilo, dal sistema si possono enucleare alcune ipotesi in cui sussiste un vero e proprio obbligo in tal senso (sanzionato ora espressamente con la revoca giudiziaria secondo il disposto dell’art. 1129, comma 12, n. 1, c.c.); a mero titolo esemplificativo, si ricorda: a) l’assemblea ordinaria annuale, che approva il rendiconto di gestione ed il bilancio (art. 1130, n. 10, c.c.); b) l’assemblea per dare notizia “senza indugio” delle citazioni o dei provvedimenti che esorbitano dalle competenze dell’amministratore (art. 1131, comma 3, c.c.); c) l’assemblea su richiesta di almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio (art. 66, comma 1, disp. att. c.c.); d) l’assemblea per riferire dei lavori di manutenzione straordinaria autonomamente disposti dall’amministratore in quanto “rivestano carattere urgente” (art. 1135, comma 2, c.c.).
Dal relativo avviso di convocazione deve, quindi, risultare chiaramente la provenienza dell’atto, ossia chi ha convocato l’assemblea, anche se appare sufficiente, allo scopo, che la firma dell’amministratore (di regola, in calce all’avviso) sia stampigliata, come sembra di capire dalla lettura della recente sentenza in commento ispirata a buon senso e ragionevolezza.
Diverso, ovviamente, il caso in cui l’avviso di convocazione non porti in calce nessuna indicazione della persona che procede alla medesima convocazione, né alcun riferimento al condominio per il quale l’avviso è stato inviato, sicché, essendo impossibile l’identificazione dei soggetti che hanno assunto l’iniziativa, non è consentito l’accertamento del loro diritto a svolgere detta attività comportando l’inesistenza giuridica del predetto avviso.
Una fattispecie particolare è stata analizzata dai giudici di legittimità: l’assemblea era stata convocata da un amministratore che non aveva il potere per farlo, dal momento che la sua nomina, avvenuta in un’assemblea nulla, era da considerarsi altrettanto nulla; si è affermato, in proposito, che le irregolarità e le lacune del procedimento di convocazione di un’assemblea condominiale, e, in particolare, quelle riguardanti l’iniziativa della convocazione, danno luogo a delibere annullabili, e non nulle, e come tali impugnabili entro il termine previsto dall’art. 1137 c.c., in base al rilievo che la sanzione della nullità della delibera assembleare presidia l’esigenza che tutti i condomini siano preventivamente informati della convocazione dell’assemblea, con la conseguenza che, una volta garantita e salvaguardata questa necessità, si può dedurre solo un vizio che può dar vita a delibere semplicemente “contrarie alla legge”, e, come tali, soggette all’impugnazione per annullamento (v. Cass. 24 febbraio 1987 n. 2184)
In parole povere, un’assemblea, anche se convocata da chi non ne aveva il potere - purché ovviamente l’avviso sia inviato a tutti i condomini - sarà considerata valida se tale invalidità non viene fatta valere nei termini prescritti davanti al giudice ad istanza della minoranza dissenziente o assente (anche se poi il discrimen tra delibere nulle e annullabili verrà in parte ridelineato dalla magistratura di vertice, la quale, anche nel caso di omessa convocazione di un condomino, individua un’ipotesi di annullabilità della statuizione assembleare).
Resta fermo che, rientrando la convocazione dell’assemblea tra i poteri attinenti alla gestione del condominio in capo all’amministratore, gli stessi permangono anche dopo la sua scadenza e sino alla nomina del nuovo amministratore o alla sua destituzione da parte dell’autorità giudiziaria (al riguardo, si veda l’importante puntualizzazione offerta, da ultimo, da Cass. 11 gennaio 2017 n. 454, secondo la quale il provvedimento camerale di revoca dell’amministratore del condominio ha efficacia, ex art. 741 c.p.c., dalla data dell’inutile spirare del termine per il reclamo avverso di esso, sicché gli atti compiuti dall’amministratore anteriormente al momento in cui tale revoca diviene efficace non sono viziati da alcuna automatica invalidità, continuando a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti del condominio).